"Elogio dell'ignoranza e dell'errore", Enrico Carofiglio

"Tutti noi prendiamo decisioni giuste e decisioni sbagliate. La vera differenza è tra coloro che sono disposti (e veloci) a riconoscere quelle sbagliate e a correggerle, e coloro che cercano di occultarle a sé stessi e agli altri."

Si dice spesso che errare è umano, ma sono solo parole vuote. Nella nostra società è una vergogna arrivare quarti alle Olimpiadi, è una vergogna la sufficienza, è una vergogna perdere dei soldi, è una vergogna una relazione finita. Ogni fallimento è un peso con cui sentiamo di dover fare i conti, come se ci definisse come persone e non fosse solo inevitabile conseguenza del vivere. Un'autocondanna, e persino una profezia che si autoavvera se l'ansia di sbagliare ci porta a sbagliare, in un circolo vizioso senza fine. Eppure, dagli errori possiamo imparare molto: non solo a fare di meglio - perché l'obiettivo non dev'essere questo, altrimenti cadiamo di nuovo nel dover essere sul pezzo, produttivi, capaci - perfetti - a tutti i costi. Ma, soprattutto, impariamo qualcosa su chi siamo, sulle nostre fragilità, che in realtà ci rendono persone migliori, perché aprono lo spiraglio al tempo per sé, alle scoperte, agli imprevisti, alla condivisione, alla complicità. Tutte cose per cui vale la pena esistere.

Leggere un libro come "Elogio dell'ignoranza e dell'errore" (Einaudi, 2024), di Enrico Carofiglio, su come sia necessario sbagliare probabilmente non cambierà una vita. Perché se ci odiamo per ore ogni volta che ci dimentichiamo di inviare un'e-mail non sarà l'assaggio di un saggio a illuminarci su come non faccia niente essere imperfetti. Però è dannatamente necessario incidere e credere a parole come quelle contenute in queste pagine. Per pensare e agire con più serenità, per vedere le scoperte e le sconfitte con occhi diversi, per progredire nella vita e nel lavoro, per essere più accoglienti con gli altri. E poi, forse, per perdonarsi e capire che forse lo avremmo meritato anche in passato, in tutti quei pomeriggi in cui quella persona ci urlava addosso perché non controllava le sue emozioni, o pretendeva tutto da noi perché non capiva di essere di fronte a un bambino e non a Superman, e non perché noi fossimo sbagliati. Per guardarsi allo specchio e vedere chi siamo davvero, in tutti i nostri colori, e non solo i grigi. Per accogliersi e capire che, come vogliamo bene agli altri anche se sono imperfetti, anche noi meritiamo affetto nelle nostre fessure, persino da noi stessi.

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